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La maschera mortuaria di Cavour
Se vi state chiedendo perché ai tempi di Cavour ancora si realizzassero delle maschere mortuarie (roba da antichi egizi!), riflettete sul fatto che all’epoca non c’erano ancora fotografie e audiovisivi, succedanei delle maschere mortuarie ai giorni nostri. Il desiderio di ricordare o rievocare i defunti accompagna l’uomo fin dai tempi più antichi. Certo, in illo tempore le maschere mortuarie avevano più una valenza magico/religiosa (ai tempi degli egizi si pensava potessero proteggere le anime durante il cammino verso l’oltretomba), mentre nel 1861, anno della morte del conte Camillo Benso di Cavour, avevano più che altro la funzione di ricordare le sembianze del defunto, specie se illustre, in assenza della più recente arte fotografica.
Per questo abbiamo maschere funerarie di Napoleone e di Mazzini prima che del grande ‘tessitore’ del Risorgimento Italiano.
Se invece vi state chiedendo perché proprio nel Castello di Novara sia conservata una maschera mortuaria di Cavour, allora la storia è un po’ più lunga.
L’originale calco del viso di Cavour fu infatti realizzato dal figurinaio lucchese Saverio Pellegrini, che ne eseguì due copie: una da consegnare al committente e una da tenere per sè. Oggi dunque ‘l’originale’ è esposto al Museo della Figurina di Gesso a Coreglia Antelminelli, in provincia di Lucca.
Ma il calco del Pellegrini non esaurì in questo modo la sua nobile funzione. Fu successivamente utilizzato dallo scultore Vincenzo Vela, artista di punta di casa Savoia, nonché cattedratico presso l’Accademia Albertina, per realizzare il modello di un monumento alla memoria di Cavour.
Tre furono le copie realizzate, due oggi conservate nel Museo del Risorgimento di Torino e una presso il Castello di Novara. Una delle maschere provenienti dallo studio del torinese Vela, entrò infatti in possesso di un altro sculture – novarese doc – tal Giuseppe Rossi, che nel 1877 la donò al museo della Società Archeologica Novarese.
Oggi la maschera funeraria di Cavour è conservata al piano terra della Rocchetta insieme ad altri cimeli di una delle pagine più importanti della storia dell’Italia e del Piemonte: il Risorgimento. È risorta l’Italia, non Cavour, ma per fortuna ci è rimasta la maschera.