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Storia

Ma che bel Castello

Castello si nasce, non si diventa. Adagio rimaneggiato che calza perfettamente al castello di Novara, nato nel lontano 1272 per dare concretezza alla vocazione difensiva della città. Sono gli anni in cui l’Italia è attraversata dalle lotte guelfo-ghibelline, e Novara non fa eccezione, segnata com’è più dalle lotte intestine che dalle invasioni esterne. In questo scenario inquieto, un po’ per la posizione strategica e un po’ per le sue solide fortificazioni il castello novarese diviene presto un potente strumento di potere per il governo della città e del territorio circostante.

A ordinare la costruzione è il guelfo Francesco Della Torre, che individua nell’antico palazzo nobiliare della famiglia Tettoni (ghibellina… uno sgarbo?) la premessa ideale per  un fortilizio destinato ad attraversare i secoli. A Novara esistevano altri palazzi nobiliari, ‘castelli minori’ in una costellazione di residenze signorili, ma nessuno di essi poteva vantare una caratteristica strutturale altrettanto strategica: avere due lati coincidenti con la cerchia muraria. Più difeso di così…

Palazzo Tettoni viene così elevato al rango di castello con il nome di Turricella. E, si sa, in nomen omen. Alle sue torri prima e alle sue mura poi, spetterà il compito di difendere il signore di turno e la città dai suoi nemici. Non senza andare incontro ad alterne vicende di demolizioni e ricostruzioni, di torri che svettano e mura che si fanno via via più spesse, per rispondere ai cambiamenti nell’arte della guerra.

Sono i Visconti i primi signori forestieri a comprendere le potenzialità del Castello di Novara e a trasformarlo, verso la metà del Trecento, in una vera e propria fortezza in grado di reggere incursioni e assedi come quello orchestrato dal vicino marchese del Monferrato.

Ed è sempre la famiglia Visconti a costruire nuove torri, rafforzare le mura di cinta e demolire gli edifici colpevoli di essere troppo vicini. Tuttavia, è in epoca sforzesca che la vocazione del castello giunge al suo pieno compimento. Il duca Galeazzo Maria, noto per il temperamento poco raccomandabile, ordina di demolire le parti più incerte della vecchia cittadella e inglobare le strutture esistenti entro una possente ghirlanda quadrangolare.

Al leggendario Ludovico il Moro, gran demiurgo della politica italiana nella seconda metà del Quattrocento, spetterà infine l’ulteriore opera di manutenzione e  rafforzamento delle difese, anche se  saranno i cambiamenti delle tecniche difensive a forgiare definitivamente le mura del castello e i suoi accessi come li conosciamo oggi.

Da carcere rimpianto a polo culturale

Dopo la morte di Ludovico il Moro, il castello di Novara è conteso tra francesi, milanesi e svizzeri prima, e da spagnoli e famiglia Farnese dopo (ebbene sì, su Novara si distende anche la longa manus di Papa Paolo Farnese III, che desidera assegnare un buon marchesato al proprio figlio prediletto, Pier Luigi). Un avvicendamento di dominus che pone l’accento ancora una volta sull’importanza di Novara nei disegni politici di tutte le potenze in gioco negli anni delle cosiddette ‘Guerre d’Italia’.

La storia del Castello di Novara, almeno fino al 1800, è dunque la storia di eserciti e di giochi di potere, che si consumano sulla scacchiera europea prima che fra le mura di un castello-caserma in cui ci si prepara a sempre nuove battaglie.

Gli anni del castello carcere

Negli anni della dominazione napoleonica il castello cambia destinazione d’uso: al suo interno viene trasferito il carcere precedentemente ubicato nel Palazzo del Pretorio di Novara. Nel 1807 partono i lavori di ammodernamento: vengono costruiti pavimenti, nuove porte dotate di sportellino di ispezione e nuove finestre. Il risultato sono 5 locali di detenzione, un’infermeria e un’abitazione per il custode. Ma il numero dei detenuti è sempre in aumento e nel giro di pochi anni si arriva a 12 locali destinati agli uomini e 3 alle donne, per una capienza massima di 120 persone.

Solo verso la fine dell’Ottocento si affaccia per la prima volta l’idea di trasferire il carcere in altra sede e di destinare il Castello a nuovi utilizzi. L’ipotesi è tutt’altro che conservativa: si parla di radere al suolo per far spazio ad una scuola di Arti e mestieri. Tuttavia gli uffici preposti alla conservazione dei beni del Piemonte non avvallano il progetto e il castello viene riconosciuto quale parte integrante della memoria e della storia locale.

Ma non è questa l’unica volta in cui il Castello rischia di essere declassato ad ‘ammasso di pietre’. Nel 1900 è l’amministrazione locale a rivendicarne lo spazio per creare un nuovo quartiere e ridefinire l’assetto urbanistico di Novara. Il Castello viene percepito come un ostacolo al ‘nuovo che avanza’, ma per fortuna il progetto non ha seguito e fino al 1973 il Castello di Novara rimane un carcere.

Si racconta che i detenuti, una volta trasferiti nei nuovi locali del carcere della Bicocca abbiano rimpianto l’atmosfera di quello che è rimasto e rimarrà sempre ‘il castello’ di Novara e dei Novaresi.

Il Castello del XXI secolo

Castello visconteo sforzesco, castello delle signorie, castello delle dominazioni straniere. Il Castello di Novara è stato definito in molti modi che ne riflettono la storia e le contese. Oggi ci piace definirlo semplicemente il castello dei novaresi. E tale è da quando, da luogo chiuso e arroccato si è aperto prima alle passeggiate e poi alla vita, agli eventi e alla cultura, per i propri cittadini e non solo.

Un lungo e discusso restauro ha regalato alla città di Novara un eccellente polo culturale, sede di musei, mostre d’arte, eventi pubblici e privati, convention e congressi, spazi di ristoro e condivisione. Tra passato e futuro, il Castello è oggi sinonimo di accoglienza, scambio e conoscenza.

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